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lunedì 18 giugno 2012

L’aborto ridotto a sveltina

Pochi giorni fa, l’articolo di Cinzia Sciuto ha già ben riassunto la vicenda di una ragazza minorenne di Spoleto, e i motivi che porteranno la Corte costituzionale a doversi esprimere, mercoledì 20 giugno, in merito alla legge 194 sul diritto all’aborto. Parto dal finale di quell’articolo, sottoscrivendone l’appello: Stiamo all’erta, #save194

 Proviamo ora a immaginare lo scenario futuro, nella remotissima eventualità che venisse messa in discussione e abolita quella legge 194, che garantisce il diritto a poter scegliere se abortire o meno, in maniera regolamentata e non certo scriteriata. Effettivamente, di fantasia non ne occorre molta, poiché per delineare il non auspicabile scenario futuribile è sufficiente volgere lo sguardo al passato, per l’esattezza a prima del maggio del 1978, allorché in Italia la pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza era trattata sempre e comunque come illecito penale.

Ma prima, spostiamo l’attenzione su un altro, quotidiano, accadimento “sociale”, di pertinenza quasi in toto femminile, quello della prostituzione. Ebbene, prostituirsi, in forza della legge 75, la legge Merlin, dal 1958 è un reato. Come reato si vorrebbe di nuovo rendere l’aborto.
Quali risultati ha prodotto più di mezzo secolo di reato di prostituzione? Dove ci ha condotti l’averla resa illegale? A puttane verrebbe da rispondere. Di fatto la prostituzione avviene quotidianamente e massicciamente, sulle strade. Per far contenta una mentalità di sterile proibizionismo moralista, spacciando per peccaminosa una pratica sessuale, la prostituzione è stata relegata all’illegalità e regalata alla criminalità.
Il risultato è che una donna, magari minorenne, che un tempo andava nelle case chiuse, oggi continua a prostituirsi, ma illegalmente, in condizioni di rischi aggiunti per la propria salute e incolumità fisica, per tacere dell’assenza di salvaguardie sociali.
I clienti danarosi, a propria relativa tutela, possono inoltre usufruire di un servizio che lo spirito formale della legge Merlin voleva abolire, ma che, di fatto, esiste ed è oltremodo florido. Le case chiuse d’appuntamento oggi esistono disseminate sottoforma di appartamenti privati. Non serve molto sforzo per individuare su internet siti di escort (prostitute d’alto livello socio-economico) con tanto di tariffario dettagliato per prestazioni richieste.
Insomma, la prostituzione esiste, svolta illegalmente sulle strade, alla luce del sole o al chiaro di luna, oppure in eleganti appartamenti. Ma c’è chi sta contento d’averla, sulla carta, proibita. Ciò che conta è aver messo per iscritto che la prostituzione è un reato. Pensando così di aver risolto la questione. Magari, il fenomeno del mestiere più antico del mondo, in uno Stato laico andrebbe pragmaticamente regolamentato, e non affrontato con sterili, legiferanti moralismi di facciata.

Bene, veniamo ora alla faccenda dell’aborto.
Cosa accadrebbe se l’aborto tornasse a essere una pratica vietata per legge? Gli si affiancherebbe l’aggettivo “illegale” e tanto basterebbe a… scopare l'embrione sotto il tappeto - e con esso tante donne -, lontano dallo sguardo di coscienze astrattamente estetiche. Perché, anche volendo concedere ai nochoice (per puro esercizio d'elucubrazione e per lo stretto tempo necessario a scrivere queste poche frasi) che debba essere proibito abortire, con la scomparsa della legge 194 gli aborti purtroppo o per fortuna – e la scelta tra le due locuzioni avverbiali è comunque avvilente – continueranno a esistere, ma in un contesto degradante oltre che drammatico.

Senza la legge 194, una donna, magari minorenne, a meno che non venisse segregata e sequestrata in casa contro la propria volontà, troverebbe comunque il modo di abortire clandestinamente. Ad esempio, finendo nelle mani delle redivive mammane. Se la cifra richiesta fosse particolarmente esosa, potrebbe sempre racimolarla in tanti modi, che ne so, magari prostituendosi illegalmente.
Il problema economico della pratica illegale dell’aborto non ce l’avrebbero sicuramente le fasce sociali più abbienti, dove si andrebbe tranquillamente ad abortire presso cliniche private, in totale privacy, maggiori garanzie sanitarie e… senza portineria all’ingresso, per intendersi, in stile appartamento escort. Perché l’illegalità offre sempre ottime marchette a pagamento.
Anche qua non occorre tanta immaginazione, è sufficiente seguire la quotidiana cronaca di delinquenza sanitaria.

Le leggi 75 e 194 sono di spirito diametralmente opposto. La prima ha gettato in pasto molte donne alla strada, all’emarginazione sociale e alla criminalità, la seconda è stata invece una faticosa conquista sociale per i diritti delle donne. Eliminare la legge 194 significherebbe semplicemente consegnare la pratica dell’aborto all’illegalità, come avviene oggi per la prostituzione.

Entrambi questi proibizionismi puntano, nel concreto, a mantenere le donne in una condizione di vulnerabilità sociale. Alle tante prostitute che in ogni momento devono abbassare la testa sul sedile di un’auto, tra le gambe di uno sconosciuto, in balia del caso, si vorrebbero aggiungere tante donne costrette ad aprire le gambe alla mercé di gentaglia e ferraglia, rischi sanitari, infezioni e morte (questi sì, veri omicidi da imputare a uno Stato civile latitante).

L’aborto verrebbe ridotto a una sveltina in nero.
Ai magnaccia si sommerebbero le mammane, magari con interessi intrecciati. Invece di impegnarsi per reintrodurre le seconde, sarebbe meglio ingegnarsi per eliminare anche i primi.
Come?
Garantendo il sacrosanto diritto di poter scegliere, ampliando le tutele, regolamentando le scelte nell’alveo della legalità.
Non certo col proibizionismo de iure, che eleva de facto l’illegalità a regola di vita. O di morte.

K.

pubblicato su Cronache Laiche

2 commenti:

  1. Intanto, per fortuna, la Consulta ha giudicato "manifestamente inammissibile" la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice di Spoleto.

    Poi vorrei dirti che la legge Merlin non ha reso illegale la prostituzione, quindi il paragone non regge. La legge Merlin, per i suoi tempi, era una legge molto evoluta. Ma come tante altre buone leggi, in Italia, è stata applicata poco e male. In italia chi si prostituisce non infrange nessuna legge. Il problema vero è che pur essendoci le leggi, non si applicano per sanzionare (veramente) chi sfrutta le ragazze e le obbliga a prostituirsi, chi si arricchisce sfruttando la prostituzione.

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    1. Grazie per la precisazione ;)
      Tecnicamente la legge Merlin voleva concretizzare la lotta allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione. In tal senso, nella situazione attuale, una sua applicazione sarebbe quanto mai auspicabile, sia verso gli sfruttatori sia verso i clienti che vanno a troie sicuramente per libera scelta, e non si pone nemmeno il dilemma invece valido per chi si prostituisce, ovvero se lo debbano fare per costrizione.
      Purtroppo, nei fatti, la legge ha consegnato le prostitute in mano alla criminalità, poiché chiudendo i bordelli (per non ammettere lo Stato come primo pappone istituzionale), la pratica è passata su strada. Prostituirsi non è illegale, ma le prostitute sono state sbattute per strada oppure in luoghi chiusi, in bordelli mafiosi, facilmente schiave dell'illegalità.
      In tal senso, doverosa precisazione tecnica giuridica a parte, il paragone secondo me, nella pratica, regge, purtroppo. E dico purtroppo perché peggio di una assenza di legge c'è solo una legge che non viene applicata. Così ci si mette la coscienza a posto, negando l'evidenza reale, smettendo di cercare una soluzione che, solo sulla carta, è stata trovata.

      ps: Poi (ma qui non era il tema) ci sarebbe la delicata questione sulla prostituzione come esperienza di costrizione o scelta che porta una persona a vendersi sessualmente in cambio di denaro, e sul diritto di poterlo fare, consensualmente. Sotto questo aspetto del diritto di scelta, la legge Merlin è repressiva e arbitra di una moralità che, a parer mio, è sorpassata, o da sorpassare.

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