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venerdì 14 settembre 2012

Religiously correct

Nell’attentato in Libia si ripresentano i rozzi ammazzamenti al grido di Allah è grande. Trovo noioso ogni predicozzo ai fanatici integralisti simpatizzanti di Al-Quida. Noioso e in malafede perché sono convinto che se esco dalla mia visione istintiva, monogenerazionale e contemporanea, la Storia mi conforta. Niente mi toglie dalla testa che a povertà e ignoranza socioculturali invertite da un popolo all’altro, ora staremmo qua a discutere di fatti analoghi perpetrati da invasati su questa sponda del Mediterraneo, sulla scorta delle medievali missioni punitive in Terra Santa. C'è poco da farci. La religione in sé non uccide nessuno, ma molte contengono tutti i germi perché degli esaltati fideisti reputino loro dovere e diritto divini ammazzare esseri umani. Si reputano strumento della Verità, sanguinari dementi votati alla difesa dell'agnello di dio e della saggezza del profeta. Dei decerebrati totali insomma.

Nell’attentato in Libia non mi stupisce il solito copione della comunità internazionale. Gli Stati Uniti decidono di inviare una paccata di marines, droni e un paio di navi da guerra. Non sono pratico di diritto internazionale, ma penso che si faticherebbe a trovare legittimazione all’iniziativa unilaterale statunitense di portare avanti una vendetta privata, perfettamente in linea con la politica della killing list. Penso anche che facciano pragmaticamente bene: il “chi fa da sé fa per tre” alla prova dei fatti si è sempre dimostrato più efficace dell’”unione fa la forza”. È solo che vorrei fosse ratificato e controfirmato una volta per tutte che nel nostro civilissimo Occidente, nei momenti cruciali, ogni buonismo di facciata lo si manda a farsi un giro e chi ha la portaerei-clava più grossa fa e disfa come gli comoda. Basta dirlo chiaramente.

Nell’attentato in Libia non mi stupisce che l’Onu torni buono soltanto quando c’è da mettere sotto l’egida della moralità mondiale un intervento dei forti contro i deboli, mentre quando gli Stati Uniti decidono di prendere in mano la situazione, fanno quello che cazzo vogliono e quando e come cazzo vogliono loro; tutti gli altri zitti e mosca come le tre scimmiette. Odora troppo di merda e di petrolio. Vorrei però che fosse messo per iscritto che la patetica morale moschettiera del tutti per uno e un’incularella per tutti non è altro che una fiaba della buonanotte, un ufficio di collocamento per un bel po’ di pakistani con l’elmetto blu in testa.

Questo è il trailer* del presunto film che ha scatenato i fatti di Bengasi. Si capisce subito che non è un film, è un’idiozia totale, una stronzata di pessimo gusto, senza né capo né coda né trama in mezzo, realizzata con sfondi proiettati, assenza di recitazione e costumi carnevaleschi che neanche nelle scenette comiche di Mai dire gol. Anche per il livello “puttanata” di questa pellicola, soltanto una roba mi sta sulle palle dell’attentato di Bengasi. Il fatto che all’indomani delle uccisioni, dal civile e politicamente corretto Occidente si alzino voci a biasimare chi ha offeso i simboli e la sensibilità dei musulmani.

O si afferma da subito che quei reverenti dementi che bruciano il corano in giro per gli States sono la causa diretta di quanto accaduto alla stregua di registi criminali e da internare che hanno pensato alla genialata idiota di mettere Maometto a leccar figa; e allora si sbatte in carcere chiunque tiri una bestemmia alla volta di qualsiasi stronzo dio monoteista e profeti annessi.
Oppure si afferma che non soltanto un manipolo di pazzi esaltati può reagire ammazzando e incendiando, ma che il livello intellettivo dell’intera cultura islamica va identificato con il quoziente di demenza dei pazzi integralisti. Perché se io fossi un credente, più che dalla pellicola in sé mi sentirei offeso da chi si sente in dovere di scusarsi per tredici minuti di demenza pura, manco temesse che anch’io potrei cominciare ad accoppare gente dopo aver visto Brian di Nazareth o L’ultima tentazione di Cristo.

Insomma, ciò che si sta rivelando stomachevole in queste ore è l’affermasi del religiously correct, secondo il quale uccidere un bestemmiatore è una brutta cosa, però anche tu che hai bestemmiato te la sei proprio andata a cercare. Decidiamoci: o la legge degli uomini o la legge di dio! O si crede nella legge del tomahawk o dell'In God we trust. O l'una o l'altra. Perché se vale bisbigliare un God bless US Marines, vale anche urlare Allah è grande e uccidere per asfissia da incendio.

Trovo squallido rilasciare dichiarazioni per scusarsi di aver ferito la sensibilità di qualcuno, quando dall’altra parte ci sono dei fuori di testa che cercano qualsiasi pretesto per rendere sacro scannare la gente. Altrimenti ci si scusa in tempi non sospetti, si arrestano i fomentatori di odio religioso, si oscura il sito del KKK, si mettono fuori legge gli incappucciati ariani. Non ci si scusa dopo che il fanatismo religioso in casa d'altri ha fatto fuori qualcuno. Perché allora non sento dichiarazioni di sentito pentimento, ma l’odore di merda di chi, di fronte al terrorismo religioso, risponde cagandosi sotto. Come codardi sono quelli che non hanno il coraggio di ammazzare senza prima nascondersi dietro un pretesto religioso. Lasciassero la religione a chi si limita a pregare senza necessariamente diventare Militia Christi terrena della Monodivinità di turno.

La teocrazia della curia vaticana se vuole può anche fare culo e camicia con altre testoline dentro le quali una minchia di simbolo vale la vita di una persona. Ma che ci si mettano anche gli stati laici occidentali ad aver cura dei feticci dei criminali fideisti, beh, è una brutta strada. Segno che finché non ci saremo sbarazzati dei nostri simboli crociati negli armadi, non potremo mai sputare direttamente in faccia agli estremismi fanatici e criminali degli altri. Senza prego, senza scuse e senza amen.
I fanatici integralisti sono dei pazzi pericolosi e lo sono anche quelli che hanno bisogno di fare e ricevere scuse di sensibilità ferita. Una sensibilità religiosa accettabile, è ben al di sopra di certe idiozie blasfeme su Maometto.

Qua non si tratta di decidere chi è buono e chi è cattivo. Qua si tratta di decidere le regole del gioco Blasfemi contro Assassini. Fissate le regole, o stai di qua o vai nell'altra metà campo e indossi un'altra divisa cerebrale. E la linea di centrocampo non è il Mediterraneo. La separazione netta deve essere tra chi schiera dio titolare con la fascia di capitano, allenatore e pure con ubiquità da terna arbitrale, e chi invece dio e relativi simbolismi non li porta neanche in panchina, lasciandolo fuori dallo stadio delle umane vicende, relegato nello spogliatoio della propria spiritualità.

Su qualunque presunta sensibilità religiosa che non ripudia certi malati di mente, su simboli e narrativa fantasy in nome dei quali ci si sente legittimati ad accoppare la gente, personalmente piscio sopra. O, per rendere più comprensibile ad alcuni il concetto, auguro terra bruciata intorno al diavolo e ai suoi avvocati difensori e giustificatori.
In attesa di altri omicidi criminali al prossimo pretesto di blasfemia.

K.

*Linko l'unico contributo trovato su youtube. La parte di testo sotto riportata, non mi riguarda. In particolare non condivido affatto la considerazione che questa sia "la più innocua e blanda delle espressioni di ironia e satira sull'Islam". Questa è una gratuita, volgare, offensiva opera priva del minimo requisito tecnico per potersi definire opera cinematografica. Detesto certi tipi di provocazione, dove un gradasso farabutto tira una molotov standosene al riparo e al sicuro, poi si nasconde lasciando i suoi a crepare nelle fiamme. Ben sapendo che certe stupide e gratuite provocazioni rivolte a certe faune umane possono facilmente causare quello che poi è accaduto. In ogni caso per me la risposta non può essere un linciaggio, e tantomeno le scuse a una sensibilità offesa all'indomani del linciaggio stesso.

7 commenti:

  1. Il video è semplicemente ridicolo, ma questo non rappresenta un problema per chi ammazza con la stessa facilità con cui alla prima occasione di voto democratico sceglie di fare un balzo a ritroso di qualche secolo. Aggiungerei poi il sospetto che tra quelli che si sentono così violentati nella loro sensibilità religiosa ben pochi lo hanno visto, ne sono pressoché certo.
    Il problema a mio parere non sono nemmeno loro che, ferme tutte le considerazioni di natura sociologica e culturale, è innegabile che presentino degli aspetti a dir poco imbarazzanti, ma noi. Che cosa dovremmo fare noi? Gettare nel cesso secoli di conquiste nel campo della laicità e libertà perché qualche testa di cazzo si offende? Sarebbe allora coerente farlo anche se un cattolico si mettesse a sparare per le vignette di Davide La Rosa, non è questa un'esagerazione, salvo paragonare le vignette di Davide a quella merda lì. Siamo dei pavidi, questa è la realtà dei fatti. Avalliamo come tolleranza e rispetto da parte nostra obblighi di sottomissione delle donne musulmane anche quando sono qui da noi, in totale spregio della legalità, non facciamo niente per contrastare le mutilazioni genitali perché non sia mai che si violi il privato (corpo) di una bimba con visite di controllo generalizzate e a tappeto. Chiaramente su tutte, cristiane, musulmane, animiste e so un cazzo io quanti credo ci sono in questo paese.
    Vabbè mi taccio
    Scusami lo sproloquio.

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    1. Ciao Giovanni
      Penso che un vizio di fondo della nostra cultura sia quello di ritenersi superiore alle altre. Parlo di cultura e non di civiltà, due concetti ben distinti in Sociologia. Ad esempio, la cultura dell'India non è confrontabile con quella del Mali, mentre la civiltà dei trasporti ferroviari indiani è oggettivamente superiore a quella dei trasporti ferroviari maliani. La civiltà giuridica dei Romani era superiore a quella dei Germani. La civiltà italiana del vino è superiore a quella inglese, che ci sopravanza per civiltà del the, ecc.. Semplificando, le culture possono essere confrontabili solo in concrete, valutabili e misurabili espressioni di civiltà. Questa nostra sbrigativa arroganza di superiorità culturale e civile, determina, come nei missionari nel Nuovo Mondo e in ogni "moto a luogo" per dare un impero al Cesare di turno, che il primo impulso sia sempre quello di "portare la civiltà" agli inferiori, in questo modo piallando ogni diversità culturale. Questo approccio d'arroganza intellettuale reca con sé un dannoso "complesso di superiorità". Ovvero finiamo col "sentirci in colpa" verso i "poveri indigeni": poveretti, non è colpa loro se non sono in grado di comprendere le nostre buone intenzioni e reagiscono tirandoci le frecce al curaro. Le relazioni tra "isole culturali" si risolverebbero di molto se accettassimo l'idea che una civiltà (civiltà dei trasporti, civiltà della dignità della donna, la civiltà della tutela dei minori, civiltà della pesca dei ricci di mare ecc.) è composta da parametri identificabili e comparabili, mentre le culture sono differenti tra loro, e non superiori o inferiori (la cultura degli aborigeni australiani non è comparabile da quella degli arabi o dei valloni: sono differentemente degne). La nostra idea di voler esportare i nostri valori (imponendoli) poggia sul fatto che in realtà non riconosciamo la dignità d'esistere in sé delle culture altrui (volendo giudicarle sempre e comunque con i nostri metri di civilizzazione) e poi quelle differenze che abbiamo arrogantemente ignorate ci vengono sbattute in faccia. A quel punto, per salvare la faccia (a volte però lasciandoci il culo bruciacchiato), colti impreparati dall'assenza di valutazione precedente, giustifichiamo qualsiasi comportamento difforme dai nostri canoni. Il nostro qualunquismo ipocrita rispetto delle differenze, in realtà è negazione a priori, superficiale, è timore, fino alla reale fobia delle differenze stesse.
      Basterebbe non ritenersi superiori alla cultura degli altri. A quel punto svanirebbe anche la codardia e l'inconcludenza di non essere capaci di rifiutare e osteggiare qualsiasi elemento di civiltà altrui che non ci vada a genio. A quel punto, come scrivi tu, se l'altra cultura comporta espressioni di civiltà che nella mia cultura io ho tutto il diritto di reputare in-civiltà, rifiuto di relazionarmici e dentro la mia sfera di civiltà impongo il rispetto di alcuni comportamenti per la mia civiltà fondamentali e irrinunciabili. (segue 1/2)

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    2. (segue 2/2)
      Io come vedi sono prolisso, ma ho la fortuna di leggere un blogger, citando il quale posso essere sintetico: Io rispetto la tua cultura se sei disposto a fare altrettanto e soprattutto se compatibile con la mia.
      O, per dirla con "quelli che volano", a volte le differenze impediscono alle isole di farsi arcipelago.
      Dove sta scritto che le differenze debbano sempre e comunque essere appianate o accettate? Sta scritto soltanto nella testa di chi ritiene la propria Differenza superiore alle altre, e cerca di spianarle per rendere la propria il Tutto globale. (questo è un interessante post del professor Brotto). Quanto meglio sarebbe se provassimo a rispettare ciò che ci è diverso, capendo che a volte può esserci integrazione, altre volte permane la separazione. Pure netta e senza scuse per i permalosi o per chi ammanta di buonismo la stupidità.

      Grazie per non esserti taciuto: mi trova d'accordo il tuo sproloquio ;)
      K. in versione "seria" ^_^

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  2. La tua analisi e' esatta ma capisci bene che il fantomatico film e' un pretesto...che sicuramente sono stati fomentati dagli stessi che stanno arrivando con le loro armi, a pretesto per piazzarsi
    nel Mediterraneo in un momento topico per quei paesi, che sempre più prendono coscienza che la democrazia " non fondata sul fondamentalismo religioso" e' possibile....e sopratutto che sono, grazie ad internet, sempre meno isolati e dunque a conoscenza di essere non cittadini delle proprie nazioni, ma colonie per grandi gruppi petroliferi e non.
    @Giovanni ritieni che il problema delle donne sottomesse, mutilazioni etc sia un problema musulmano? L' Italia, colonia vaticana, li uccidiamo direttamente e gli diamo fuoco, o più sottilmente le teniamo fuori dal mondo del lavoro, dunque dipendenti da mariti, padri o anche dallo stato padrone qual' e' la differenza? Il velo? perché essere massificate ad un modello unico di bellezza alla belen cos'è, libertà? La tua miopia e' veramente grave...cordialità

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    1. Ciao S.
      Come avrai letto nel post, non sono un difensore della superiorità dei valori della cultura occidentale su quelle altrui. Penso che dalla presunta superiorità culturale di qualcuno verso qualcun altro il passo è breve per arrivare al razzismo xenofobo. Se dipendesse da me, dovendo fare le pulci "alla mia parte", troverei corretto che gli Stati Uniti evacuassero il Paese e si richiudessero sulla loro grande Isola continentale, dove hanno tutto il diritto (oserei dire il dovere) di tutelare i loro valori di civiltà socialmente espressi attraverso i quali le culture si manifestano concretamente.
      Detto questo, proprio nella valorizzazione delle differenze come punto di partenza per un confronto, penso che queste vadano evidenziate senza paura di apparire xenofobi. Sono spesso i veri razzisti a trovare di volta in volta economicamente conveniente tollerare le differenze culturali o religiose altrui. È quanto ha fatto Hillary Clinton scusandosi con la sensibilità religiosa dei.. pozzi di petrolio della Libia, quando scommetterei qualunque cosa che se dipendesse da lei, tirerebbe l'atomica su tutto il mondo islamico.
      Siccome io non tendo a ragionare per convenienza di tornaconto personale un giorno sì e l'altro pure, affermo che la coscienza di una democrazia non fondata sul fondamentalismo religioso è ben lungi dalla realtà dei fatti di questi giorni. La religione, quando invade una cultura, ne diventa espressione spesso non misurabile ma anche infestante e determinante. Si rivela perfetta per innescare fiammate distruttive d'odio e sangue. Qua da me ci sono ancora delle fiammelle di sottobosco, ma là da loro la legge di un sedicente dio è tuttora centrale e spesso superiore a tante leggi dell'uomo; viene spesso elevata a fondamento delle istituzioni di governo. Loro hanno il diritto di elaborare con calma secolare se e quando vorranno modificare la propria cultura e relative espressioni di civiltà. Noi dovremmo avere prima di tutto il dovere di tirarcene fuori anziché tenercela buona solo quando ci fa commercialmente comodo. E subito dopo ho l'assoluto diritto di rifiutare all'interno della mia civiltà espressioni diverse in palese contrasto con i valori nei quali mi riconosco. Sono valori nei quali ho tutto il diritto/dovere di riconoscermi, forte del fatto di non imporli agli altri; sempre pronto a metterli in discussione, ma finché quelli sono, quelli esigo rispettati per imposizione di legge "sulla mia isola". Sulla mia isola (quella che vorrei) i porti sono accoglienti e non partono navi a esportare democrazia o cultura superiore sulle isole altrui. Ma chi ammazza la gente invocando l'offesa al profeta, chi mutila nel corpo e nella dignità psicologica e sessuale donne e bambine, lo prendo a cannonate. In senso pratico spero si arrivi a strumenti di civiltà atti a espellerlo. Non soltanto non ha ius soli, ma nemmeno ius aditus. Foss'anche che sulla mia isola esistessero altri problemi di dignità e civiltà da risolvere. Non li risolvo tollerando in casa mia l'inciviltà altrui. Quelli che li tollerano sono gli stessi che si fanno andar bene i diversi come manovalanza schiava nei campi di pomodori. Io o li accetto con totale pari dignità in ogni ambito sociale, o li rifiuto. (segue 1/2)

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    2. (segue 2/2)
      Accettazione è un valore limpido, tolleranza è un disvalore ipocrita, come il buonismo di certa politica fondamentalmente pavida e nei fatti approfittatrice e anche istigatrice dei fatti accaduti. E mettere in chiaro differenze concrete e inconciliabili, obbligherebbe poi chi di dovere a fare i conti e risolvere altre differenze costruite invece ad arte e false, solo al fine di discriminare con dei pretesti chi di diverso ha solo un'inclinazione sessuale o un tasso di melanina nella pelle. Non sono tenuto a gettare a mare le conquiste della mia civiltà (contenessero pure delle disfunzioni) per un non meglio precisato rispetto di una cultura diversa. Se loro, civilmente parlando, sono su un triciclo, si prendano tutto il tempo di cui necessitano, ma io con la mia bicicletta tengo la mia andatura: sul triciclo ho già dato nel mio medioevo.
      Che ogni cultura si gratti le proprie pulci sulla propria isola di identità culturale, e che si faccia un bel bagno di umiltà e civiltà prima di reputarsi pronta a uscire a cena con chi è diverso o ritiene diverso.

      mie cultura e civiltà = cultura e civiltà nelle quali sono nato e vivo, in parte impregnato mio malgrado in parte identificandomici consapevolmente.

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  3. Nel tuo nuovo post, per quanto mi riguarda, condivido ancora la tua analisi, che mi sembra anche di aver condiviso nel post vero e proprio, ma hai fatto benissimo a dilungarti fin nel midollo del tuo punto di vista...vedi mai che " qualcuno" magari ci rifletta in maniera meno qualunquista ?

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