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lunedì 28 gennaio 2013

Intreccio d'interesse politico-bancario

Chi rapina una banca è meno delinquente di chi fonda una banca.

Pochi giorni fa, dipinta a spray sulla facciata di un edificio, ho letto questa frase; seguiva simbolo anarchico. La mia dimestichezza con gli sportelli bancari è tale, che le rare volte che cerco di entrarvi mi incasino a tal punto nei tornelli d'accesso, che da dentro mi guardano preoccupati, non escludendo un tentativo d’incursione di un rapinatore imbranato. Questo per dire che mi sento a mio agio con tutto ciò che ha a che fare col mondo bancario, quanto una lepre che fa snorkeling in una vasca di piranha.

Nella fauna dei ruoli umani del regno sociale, non mi riesce difficile equiparare le banche ai peggiori predatori. Mi sembra invece un aforisma facilone (tipico di tanto anarchismo spray) trarne la considerazione che ho letta sul muro. È una sintesi che può strappare una risata, che trova pure un fondo istintivo di umana partecipazione. Ma cela anche un grande pericolo.

In pratica: i banchieri sono dei delinquenti e l’unica banca buona è una banca svaligiata.
Chiaramente, per chi prefigura un mondo senza capitale, senza denaro, qualunque sia la priorità di valori (umani, prima che economici) sui quali possa esistere una società umana, ogni realtà finanziaria è un male in sé, così come qualsiasi espressione di potere e imposizione gerarchica.

In attesa che possa realizzarsi una società siffatta (nella quale, io che non ho mai avuto un libretto degli assegni e che faccio fatica a capire il sanscrito dei cassieri allo sportello, non penso mi ci troverei male), una cosa mi infastidisce nell’immediato. Mi indispettisce il fatto che la frase scritta sul muro venga in questi giorni elevata quasi a punto programmatico da alcuni leader di partito, in vista delle elezioni politiche.

Senza voler delegittimare l’ideologia di chi auspica un mondo con sempre minori costrizioni, io non riesco ancora a vedere nell’esercizio del potere un male a prescindere. Io, che riesco a farmi imprigionare da un tornello girevole, so benissimo che un comune mortale è sempre più alla mercede dei poteri economico-finanziari. L’attualità di questi anni sta dimostrando che intere nazioni sono in balia dei poteri forti della finanza. Quindi figuriamoci quanto sia prossima al nulla la capacità dei singoli esseri umani di difendersi da questi giganteschi piranha! Contiamo meno di un granello di forfora sul pelo del culo del leprotto che fa snorkeling estremo.

Rimane però il fatto che nelle attuali società organizzate, il potere esiste, anzi esistono varie forme di potere (religioso, economico, politico, d'informazione, eccetera). Nelle democrazie occidentali, come in Italia, sopra tutti gli altri, almeno sulla carta, c’è il potere politico.
Sarò forse un idealista a corto raggio, ma finché esistono figure professionali (i politici) ben retribuite e istituzionalmente preposte a governare e gestire l’interesse collettivo, secondo me è loro prima che delle banche la responsabilità dello stato delle cose. Più che un potere da eliminare (bancario e famelico) io vedo un potere che manca (politico e sano).

Quella frase sul muro contiene una pericolosa scorciatoia di pensiero, che i politici, scaltri e non stupidi, hanno imboccato prontamente.
La gente comune può anche indignarsi e gridare contro le banche e i generici poteri forti. A un politico questo sfogo non deve essere concesso. Se la situazione è quella che è, se viviamo da sempre nell’Unione Economica Europea, è perché i politici sono o incompetenti, incapaci di tenere a bada e governare il potere economico-finanziario, o conniventi per tornaconti personali con quello stesso potere.

Ai politici, sempre pronti a essere rapaci arroganti nei confronti dei singoli leprottini, non dovremmo permettere di confondersi tra la folla e unirsi agli slogan di indignazione popolare nei confronti delle banche.

Un politico che squittisce indignato come un coniglio per lo strapotere del potere finanziario, è il rappresentante di un potere di governo che sta declamando a gran voce la propria mediocrità, il fallimento della propria missione e il tradimento del proprio ruolo sociale. Quindi che si assuma colpe e responsabilità, o per incompetenza o per connivenza. Lo scenario di un mondo nel quale ogni individuo può essere schiacciato e soppresso, in ogni gesto quotidiano, dai meccanismi dell’alta finanza, è da imputare a scelte e negligenze politiche negli anni e nei decenni.

C’è un che di totalmente mefitico nel facile abboccare al loro gioco da scaricabarile: il leprotto che simpatizza per l'avvoltoio che lo tiene tra gli artigli, per poi gettarlo in pasto ai piranha.

Voi, se un cane aggressivo vi azzannasse alle caviglie, non vi sentireste stupidi a prendervela con la bestia, invece che col proprietario che non è stato capace di addestrarlo a rispettare i suoi comandi? Io sì.
Lo stesso vale per le banche: è nella loro natura essere fameliche, è colpa di uno snaturato potere politico non aver saputo tenerle al loro posto, metterle al guinzaglio e disciplinarle.

Se gli interessi e gli interventi bancari sono estranei agli interessi pubblici, ciò accade perché connivenza e incompetenza politica favoriscono malsani intrecci di potere. Oggigiorno, in una società dove la politica antepone al bene pubblico la cura di interessi privatistici, sono casomai altre le scritte da scrivere sui muri.

Chi fonda una banca è meno delinquente di chi fonda un partito.

Più patetico di un politico che offende le banche c'è soltanto chi applaude un politico che offende le banche.

K.

Per chi ha pazienza:
video di Paolo Barnard
post di Olympe de Gouges

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