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martedì 14 agosto 2012

Lo spirito di Olimpia alla bersagliera

Sarà che ho sempre fatto sport fin da bambino.
Sarà che andare in bici, nuotare, correre con o senza pallone, per me hanno sempre significato andare in bici, nuotare, correre con o senza pallone. Nulla più e nulla meno.
Sarà che essendo sportivo, del cosiddetto "spirito olimpico" non ho mai saputo che farmene.*
Sarà, anzi è certo che per me ne derivano alcune esternazioni.
Mi sta antipatico l’ intellettualoide che snobba, sminuisce o sbeffeggia lo sport, che è espressione umana al pari di tante altre esperienze. Penso che la cultura del mens sana in corpore sano sia una bella conquista armoniosa, in barba a qualsiasi culturismo di solo cervello o solo polpaccio.
Mi sta parimenti sul culo chi sovraccarica lo sport di significati che nulla hanno da spartire con lo sport. Mi sta sulle balle tutta la retorica costruita a Casa Italia per l’ennesima volta intorno alle olimpiadi.

In un medagliere olimpico non c’è il riscatto di un popolo, perché nelle vere "discipline sociali" che "fanno classifica" nella graduatoria di merito di una comunità di persone - tra evasione fiscale, diseguaglianze economiche, privilegi di casta, criminalità organizzata e tant’altro - continuiamo a essere ottantesimi in Europa e non ottavi al Mondo.
Una medaglia vinta su un ring non riscatta i problemi del Sud; i problemi di Marcianise o di Taranto si risolvono pestando duro chi li ha generati o prendendo a calci nei denti (legalmente parlando) chi li ha lasciati proliferare e ammorbare indisturbati.
In una nazionale di pallanuoto che conquista la finale c’è lo spirito di squadra composto di schemi tattici, sacrificio e altruismo. Non c’è lo spirito di squadra di una nazione caratterizzata sempre più dal menefreghista più furbo a fottere il prossimo in barba alle regole.
Soprattutto, in un signor Napolitano che un giorno sì e l’altro pure si è sprecato a mandare letterine di congratulazioni, con sperticati e sguaiati elogi di orgoglio nazionale, non vedo un nonnetto sportivo, ma un Esubero di Stato che farebbe bene a indirizzare agli italiani una letterina pubblica sulla collusione Stato-Mafia, invece di tacere su quanto accade ai magistrati di Palermo.

La noiosa retorica dei cronisti Rai, il disco rotto del melodramma nazional popolare, la politica che infanga anche lo sport per servirsene come tappetino luccicante sotto il quale celare le proprie miserie e inefficienze, stanno riuscendo a farmelo venire a vomito lo sport per nazionali. Per fortuna l’hanno spento il fiaccolone, per quattro anni niente conati.
Lo spirito d’Olimpia del resto penso non sia mai esistito, se non negli astratti, impraticabili buoni propositi di un francese. Le Olimpiadi altro non sono che uno strumento di propaganda più o meno di regime. Più o meno in tutte le epoche.
Ora che il merchandising del fiaccolone si è tolto dai coglioni, magari, ogni giorno, chiunque ne abbia voglia, può riprendere a fare sport, aggratis, dando a un gesto atletico soltanto il valore di un momento di sport. Che è di per sé gioia dal valore inestimabile, non barattabile. Sarebbero da prescrivere un po' di camminate all'aria aperta anche a quel pirla di Schwazer*, per ossigenarsi veramente il cervello.

Da oggi, nella perdita del sellino durante una gara di mountain bike, non c’è più la noiosa demagogia nazionalista di un popolo che supera anche le più inattese avversità. C’è soltanto una raffica di madonne di un ciclista costretto a completare la gara senza sellino, stando sui pedali. Bravo lui, non bravi noi. Chi ha bisogno di vederci dell’altro, è solo un neurone bolso con pancetta che probabilmente non si è mai inerpicato su due ruote. Altrimenti saprebbe che la magia della bici (una delle più belle invenzioni dell'umanità) basta e avanza a se stessa per comporre pagine d'epica sportiva.

Ma se proprio non si può assistere alla perdita di un sellino durante una gara di bici senza farne una metafora populistico-radiografica di rettitudine-sociale, eccola servita.

K.

* Sarà che quando facevo le campestri, arrivavo terzultimo ma felice, cotto come una pera e con la milza in bocca, ma col traguardo alle spalle, felice come un pazzo di aver corso. Che correre è roba da privilegiati, fine leccornia da gustare al naturale, senza spezie, senza droghe, senza nemmeno gli auricolari.

2 commenti:

  1. D'accordo sull'importanza del praticare sport: io ho 29 anni e non ho mai fatto, per pigrizia, un giorno di sport in vita mia: non sono per nulla grasso ma il mio corpo ha risentito della mandanza di sport (ho mal di schiena a livello lombare, fastidi alle ginocchia ed ai gomiti, problemi al collo) così come ne ha risentito la mia personalità (poca autostima, carattere chiuso e solitario).

    L.R.

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    Risposte
    1. Una precisazione, a scanso di fraintendimenti, prendendo spunto dal "non sono per nulla grasso".
      I miei riferimenti alla pancetta degli intellettualoidi sono allegoriche allusioni ai "neuroni grassi" di chi volutamente snobba l'attività fisica, non per pigrizia di carattere, ma per saccente supponenza.
      Se può un poco consolare la tua pigrizia acciaccata, sul rovescio della medaglia ci si imbatte spesso in soggetti iperattivi, muscolarmente esaltati e... sbilanciati. L'ideale è trovare un equilibrio, conciliando attività fisica e pigrizia; ogni momento è buono per cominciare.
      A dirtelo è un pigro sportivo.
      Ciao :)

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