Gli spettacoli di Benigni sono sempre coinvolgenti, grazie
al suo particolare umorismo, elegante anche quando si fa pesantemente
canzonatorio. Possiede, Benigni, quella rara capacità di fare satira senza essere
volgare, suggerendo spesso delicati spunti di riflessione. È anche vero che Benigni
ipnotizza lo spettatore con un eloquio incalzante, balzando agilmente da una
considerazione divertente alla successiva pennellata poetica; a chi lo ascolta
manca letteralmente il tempo tecnico per riflettere un’obiezione. Così, le
contraddizioni finiscono sommerse da colorite ondate di favella toscana; tutte le
incoerenze annegano e si smarriscono dentro i suoi occhietti vispi, dietro la
sua figura agile e segaligna.
Però, finito lo show, dissipatosi il fumo dei fuochi d’artificio,
si può fare qualche considerazione composta e a bassa voce.
È vero: la Costituzione Italiana è un concentrato di belle
parole e stupende dichiarazioni d’intenti. Ma proprio il fatto che si stia qua a
ricordarne i pregi, significa che quelle bellissime frasi, quei “versi di
poesia” sono rimasti in buona parte lettera morta fin dal loro concepimento.
Benigni, come spesso fa, ha giocato il jolly che tanto mette
a proprio agio il sentimentalismo degli italiani brava gente. Ha condito due ore di monologo con
abbondanti dosi di buonismo strappalacrime: vogliamoci bene, non facciamoci del
male, tuteliamo i diritti degli altri, rispettiamoci a vicenda, la politica è
una nobile arte, ognuno sia fiero della propria dignità, tutti si sia
coraggiosi e ottimisti, perché tutti siamo uguali di fronte alla legge
(fregnaccia maxima). Soprattutto non c’è da avere paura perché i nostri diritti
sono garantiti da mamma Costituzione.
Fraternité, Solidarité, Fregnaccité.
Sia chiaro, tutto ciò che Benigni ha letto è per me magnifico. Sono le considerazioni che Benigni ha detto a lasciare il tempo che
trovano: sterile teoria che sbatte il grugno contro una pratica di realtà sociale che ogni giorno
tradisce la Costituzione. La tradisce parola per parola, fino in ogni segno di interpunzione.
Mamma Costituzione
è, sulla carta, bellissima, perché per me l’estetica repubblicana è bellissima. E bellissimi
furono nelle loro alte intenzioni i Padri
Costituenti. Non è colpa dei nonni se i nipoti si sono rivelati dei figli di. Qua sta il punto e il
limite puramente spettacolare del melodramma di Benigni: sperare che le cose
vadano a posto e che il lupo cattivo si ravveda, semplicemente recitando la
carta costituzionale, a mo’ di breviario evangelico. È una di quelle serate ingannatorie,
che illudono con la falsa speranza di essere tutti migliori, ma la realtà continua a
esser brutta, con i balordi che se ne strafottono dei bei
discorsi.
Su un passaggio, in particolare, l'inconsistenza argomentativa ha
toccato il climax. Parlando dell’importanza che il popolo sovrano eserciti il
diritto di voto, Benigni ha affermato: “I nemici della Costituzione sono
l’indifferenza alla politica che è amore per la vita, e il non voto. Non ti
tirare fuori. Se ti tiri fuori è terribile, fai come Ponzio Pilato, dai il
potere in mano alla folla. E la folla sceglie sempre Barabba. Sempre.”
Forse mi sfugge una sfumatura semantica, ma con il
meccanismo del suffragio universale “popolo sovrano” e “folla” non sono
soltanto due espressioni differenti per indicare la stessa realtà? È proprio nel momento in cui Ponzio Pilato passa incondizionatamente e democraticamente la corona alla plebaglia sovrana, che il povero cristo è fottuto!
Sono decenni che la folla sovrana ha il diritto di scegliere puntualmente i barabba dai quali farsi fregare. Una volta accadeva per acclamazione in
piazza, oggi accade tacitamente dentro la cabina elettorale. Ma il risultato è
identico, perché identiche sono le premesse: la democrazia sotto dittatura del volgo
indistinto.
La massima stupidamente virtuosa de “una testa un voto” non
solo non produce alcuna qualità, ma è uno strumento demagogico che logora nel
tempo ogni struttura democratica, indebolendo la repubblica fino a consegnarla
nelle mani di dittature tiranniche, a quei singoli superuomini (superbarabba),
che piano piano appaiono sempre più allettanti proprio a quel popolo sovrano
che, secondo la concitata boutade di Benigni,
sarebbe la valida contrapposizione agli stessi delinquenti istituzionali. Una massa indistinta nella quale
chiunque ha diritto di voto e ogni voto ha egual peso (per il postulato assurdo che anche i cervelli abbiano ugual peso), non può che produrre
tecnicamente quella mediocrità che soddisfi i desideri medi della maggior parte dei
votanti. Ecco spiegato il perché di un prodotto politico con interpreti dotati di moralità e intelletti perfettamente in linea con la
media massificata.
Al cospetto di recite di buoni propositi sono proprio i barabba quelli che applaudono con più convinzione, contenti che il guitto di turno abbia rifocillato di sentimentalismo sterile il popolino abbindolabile.
Lo status quo barabbiano ringrazia. E perdura.
Al cospetto di recite di buoni propositi sono proprio i barabba quelli che applaudono con più convinzione, contenti che il guitto di turno abbia rifocillato di sentimentalismo sterile il popolino abbindolabile.
Lo status quo barabbiano ringrazia. E perdura.
Sarebbe il caso di rivalutare l’esercizio del diritto di
voto, distinguendo tra sacrosanto universale potenziale diritto di votare, e realistica, selettiva capacità di esercitare
tale diritto. A disegnare una "x" è capace qualsiasi stupido ed ignorante, ed è proprio su questi serbatoi di voti che confidano i
barabba di ogni epoca, anche quelli delle repubbliche parlamentari.
Del resto, se la Costituzione Italiana è un testo di altissima qualità etica, lo è proprio perché a realizzarla fu
una selezione di intelletti superiori alla media dei cervelli del cosiddetto "popolo
sovrano”.
Un solo errore di valutazione fecero i padri costituenti:
sovrastimarono la capacità evolutiva del popolo sovrano, detto anche folla
bovina. Questa distrazione non fece loro considerare con attenzione la
necessità di attivare strumenti di selezione
istituzionale, a garanzia del vigore e della salute della Res Publica.
Li si può comprendere: uscendo dalla piaga umana del
fascismo, provavano repulsione per ogni iniziativa che significasse “escludere
qualcuno per privilegiare tutti” (si potrebbe provare cominciando ad escludere i delinquenti).
Ma a distanza di quasi settant’anni sarebbe ora di
cominciare a sottrarre il populismo dalle mani del popolo. Ne verrebbero
indeboliti tutti i barabba-demagoghi dei nostri tempi, maestri nell’ammansire
il bue con la pastura del "tu voti, tu conti"; menandolo poi per il naso dove ad essi fa più comodo.
K.
Comincio col dire che di tutti i tuoi post questo è uno di quelli che preferisco, diretto, chiaro, coraggioso e ricco di spunti.
RispondiEliminaCOncordo in pieno su tutto, sia sul giudizio che dai di Benigni ( l'ho trovato patetico, paternalista e anche elettorale oltretutto ha fatto il patriota alla modica cifra di 5,8 mln di € ) sia sul giudizio che dai di democrazia, suffragio univrsale, mediocrità premiata e molto altro, non a caso sono anarchico individualista.
Purtroppo il mondo va avanti a populismo e belle parole e poco o nulla si può farci se non prnderne atto.
Continuo a pensare che il voto andrbbe subordinato a un precednte test del QI ma ogni volta sento qualcuno che mi dice: " e chi stabilisce il livello di accesso?"...