La frase è costituzionalmente ineccepibile: in una
democrazia a suffragio universale (secondo me via maestra per assicurare
mediocrità rappresentativa e debolezza delle istituzioni repubblicane) è garantito
il diritto di esercitare il voto. Nell’articolo 48 (Titolo IV – Rapporti Politici)
la Costituzione dice poi chiaramente in merito al voto, senza possibilità di
fraintendere, che “Il suo esercizio è
dovere civico.”
A questi dettami costituzionali, a meno che non si sia
ostili a ogni forma di convivenza socialmente organizzata, si potrebbe
disciplinatamente ottemperare, se non fosse che uno dei più alti valori di una
società libera e democratica è rappresentato dal senso di responsabilità
consapevole, che nulla ha da spartire con la mera, distratta obbedienza.
A questi dettami costituzionali si potrebbe ottemperare se
la Costituzione, oggigiorno, non costituisse un evidente colabrodo di
dichiarazioni d’intenti puntualmente disattese e lasciate lettera morta.
Esisterebbe anche un velato rimbrotto ufficiale in caso di
mancato esercizio del dovere di voto, toccando in passato anche punte di sanzionabilità giuridica qualora si disertassero le urne.
Purtroppo, nello scenario politico attuale, la proposta
elettorale è talmente scadente e moralmente insufficiente, che invocare il
diritto/dovere di voto equivale a gettare fumo negli occhi a chi è posto di
fronte all’evidenza della mediocrità politica.
A quella malapolitica che non perde occasione per rifilarci supposte nel fondoschiena, non bisognerebbe dare la soddisfazione di aprire docilmente anche la bocca, per ingoiare la pillolina del senso civico.
Uno studente che va a scuola è tenuto a fare i compiti, ma
tale obbligo decade nel momento in cui l’insegnante è in possesso di una laurea fasulla. (Giannino Oscar e il suo master di Chicago sono solo vittime della sfiga metaforica, ma basta poco sforzo per individuare "imbarazzo civico" verso ogni dove, verso ogni altrove, dal lago Michigan all'Albania). Di fronte a una classe politica priva di qualunque titolo di
autorevolezza di moralità civica, non soltanto non ci si deve sentire in dovere
di giustificarsi per il mancato esercizio del diritto/dovere di voto. Non c’è
nessun rappresentante istituzionale che possa arrogarsi l’autorevolezza di
valutare o firmare la giustificazione. Nessuna realtà politica attuale può dare a chicchessia lezioni di moralità e senso civico.
Nell’Italia dell’ultimo weekend di febbraio del 2013, ogni
elettore deve rendere conto esclusivamente alla consapevolezza della propria
coscienza.
Sistematicamente scegliere di non votare mai, può essere
sintomo di scarso senso civico e menefreghismo sociale.
Sistematicamente scegliere di votare sempre, non è indice di
senso civico. È piuttosto un modo più elegante per fregarsene comunque,
facendosi andare bene qualunque cosa accada, legittimando col proprio voto l’imperante perdurare di Inciviltà che amministra le nostre esistenze.
Allo stato attuale delle cose, informarsi, valutare e
prendere atto di non votare, è forse l’unico gesto di Civiltà. Valutare se votare o meno è un diritto e un dovere civico,
che comporta scelte dolorose e rinunce sofferte.
Reputo adempimento di dovere civico valutare e decidere di
non votare la mediocrità esistente alle prossime elezioni. Forse anche per il bene della Repubblica, certamente per il mio benessere personale di non sentirmi preso ulteriormente per il culo.
K.
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