È un bel modo di porsi obiettivi, anche ambiziosi, colmi di immaginazione, proiettati nel futuro, cercando di realizzarli concretamente, dando
loro forma nel fare un passo alla volta.
Ad esempio, a inizio stagione, valutata la qualità della rosa, si può grossomodo prefiggersi come obiettivo apprezzabile di piazzare la
propria squadra nei primi tre posti del girone a fine campionato. A questo
punto, la differenza tra una previsione megalomane, un'aspettativa astratta e un obiettivo da
perseguire, la fanno i mesocicli e le singole sedute di allenamento, settimana dopo
settimana, per mettere insieme tanti piccoli esercizi di concretezza, contenuti pratici che tutti
insieme proveranno a rendere realizzabile il pensare in grande, da lì a fine stagione.
Questa massima, volendo e potendo, la si può sperimentare
anche in altri ambiti professionali, pure come molliche di pane gettate innanzi
a sé, sulle mappe del tesoro dei propri personali, esistenziali propositi.
In politica, perché alla politica volevo arrivare, penso che
una tale forma mentis, più che un vezzo
o un’opzione, debba costituire un irrinunciabile strumento che gli addetti ai
lavori devono saper maneggiare.
In un servizio televisivo di qualche giorno fa, ho visto un
neoeletto del M5S (e lo prendo a esempio, preferendolo agli eletti dei partiti tradizionali, la cui forma castae è noiosamente certificata) scambiare qualche battuta con una signora, una
passante, se non erro davanti a Montecitorio.
Mi pare che il tema fosse la democrazia diretta tramite voto
on line, piuttosto che la scelta del presidente della repubblica, insomma si
parlava del fatto di diventare protagonisti attivi tramite l’uso del pc e di internet,
stando nella Rete. La signora faceva notare al giovane parlamentare che lei,
come molte altre persone, non usa internet. Per lei internet è qualcosa di
estraneo, quindi si trova esclusa dalla possibilità di essere protagonista
nella Rete.
Di fatto la signora è penalizzata, e non soltanto per una
questione di ignoranza informatica, o mancanza di modernità. Non è ancora
comprovato che “essere su internet”, "avere un avatar", sia un modo sacro,
indispensabile, tantomeno l’unico e irrinunciabile modo che esprima intelligente consapevolezza di sguardo al
futuro.
Ma sto divagando. Il parlamentare cinquestelle, senza
smarrire il suo impeccabile sorriso di relativa accondiscendenza verso la cittadina massaia da recuperare alla civiltà di internet, ha replicato impassibile
(parafraso a memoria): Lei dice che non usa internet, ma questo è il futuro, la
via è internet.
Ora, a parte le perplessità già espresse poco sopra, nel
merito della convenienza o certezza futura di relazionarsi in forma digitale tra umani, c’è una faccenda di metodo. E il metodo ha a che fare con quel Pensare in grande, agire
in piccolo.
Il cittadino ragazzo del M5S, può auspicarsi l’obiettivo di
connettere tutti tramite internet. Ma il cittadino parlamentare del M5S non può
ignorare lo stato delle cose, l’hic et nunc, la realtà attuale. Una realtà
nella quale il tasso di analfabetismo informatico è elevato, e non è detto che
tutti gli analfabeti vorranno o riterranno necessario porvi rimedio. Una realtà
nella quale il grande futuro della Rete omniavvolgente è una chimera, mentre la presente esclusione
di molti dalla Rete è un tangibile dato di vissuto quotidiano, prima ancora che
statistico.
Quello potrà essere il futuro, ma per ora questo è il presente. E nel presente futuribile ma tuttora assente dal futuro del Movimento Cinque Stelle, molte intelligenze vengono consapevolmente e volutamente escluse dai canali informativi, comunicativi, dialettici.
Per molti atteggiamenti, il M5S manca nei fondamentali
tecnici della programmazione di un buon allenamento, per ambire a una buona prestazione. Approccia male le questioni. Spesso gli obiettivi che si pone
possono dirsi condivisibili sulla carta, ma il metodo per perseguirli lascia a desiderare,
scadendo come minimo nel semplicistico.
Cito uno statista triestino: "Sulla carta loro sono più forti, ma le partite si giocano sull'erba." (Nereo Rocco) Contano i fatti più che le dichiarazioni d'intenti. Ha sempre poco senso replicare a un’obiezione affermando “sarà così!”. Non ha per niente senso, per un politico, affermare “il futuro è”. No, il “futuro sarà”! Sarà se e quando prenderà forma di realtà grazie a tanti piccoli, faticosi interventi per incidere e modificare il presente. E non è detto che avrà la forma di quanto ci proponiamo; il futuro, occorre ricordarlo, ha il vizio dell'incognita e potrebbe riservare delle sorprese.
Cito uno statista triestino: "Sulla carta loro sono più forti, ma le partite si giocano sull'erba." (Nereo Rocco) Contano i fatti più che le dichiarazioni d'intenti. Ha sempre poco senso replicare a un’obiezione affermando “sarà così!”. Non ha per niente senso, per un politico, affermare “il futuro è”. No, il “futuro sarà”! Sarà se e quando prenderà forma di realtà grazie a tanti piccoli, faticosi interventi per incidere e modificare il presente. E non è detto che avrà la forma di quanto ci proponiamo; il futuro, occorre ricordarlo, ha il vizio dell'incognita e potrebbe riservare delle sorprese.
Si rischia di passare dall’avere una bella visione sognante
di una società immaginata diversa, al fanatismo visionario di chi afferma che è,
ciò che non è e forse mai sarà. Ci si chiude in un approccio fatto di balzi
della fede, piuttosto che di passeggiata del buon senso. Si rischia anche il
divertente effetto opposto, ovvero di irrigidirsi nelle proprie visionarie certezze, proiettando nel futuro la misera diffusione su grande scala del presente modernariato futuro. Che, in quanto presente, non è
detto sarà il “presente del futuro”. (segnalo questo post di GIPI, misto di
divertimento e spunti di riflessione)
Un politico dovrebbe avere sempre i piedi ben piantati nel
presente, senza mai evadere dalla realtà, e giorno dopo giorno rendere il
futuro contemporaneo a se stesso. Intanto sognare, che guai a non sognare una società diversa! Saremmo tutti condannati alla stagnazione imposta da chi gode dei privilegi del presente e reagisce male a ogni visione di cambiamento; c'è chi li chiama conservatori. Sognare e perseguire quel sogno con
metodica tenacia, per poi, alla fine d un lungo percorso dentro la realtà, arrivare a veder le
stelle.
Qua mi pare, con rammarico, che per l’impazienza di bruciare
le tappe e magari per l’indolenza o l'incapacità di applicarsi con metodo e pazienza,
qualcuno sia già balzato a fare l’astronauta tra le stelle, mentre ancora stiamo nelle
stalle. Di mio, auspico meno grilli per la testa, e più confronto e dibattito tra cittadini e onorevoli, iniziando a comportarsi tutti da terrestri contemporanei dentro il Parlamento presente.
Sarebbe, secondo me, un primo buon esercizio sia condizionale sia coordinativo per allenare la capacità del dialogo istituzionale e legislativo. È un fondamentale che deve fare parte del bagaglio tecnico di chiunque voglia fare buona politica. Fino a rendere questa capacità, un'abilità ovvero un gesto automatico, di ascolto e confronto.
K.
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