Ho terminato la lettura di Consigli a un giovane ribelle, di Christopher Hitchens.
È stata una lettura doppiamente fortunata.
Fortunata perché ho trovato questo libro casualmente, abbandonato insieme a romanzi di fantascienza e altri generi, sul bordo della scala della metropolitana.
Temevo fosse una lettura frivola, invece, incuriosito dalla pecora nera in copertina, che si staglia su un gregge di pecore bianche, ho iniziato a leggerlo.
Fortunata perché le centosedici pagine del libretto si sono rivelate dense e ricche di riflessioni e, qualora riuscissi a metterli in pratica, insegnamenti. Senza la pratica, le più belle idee, i migliori propositi, rimangono sterili parole, quindi inutili.
Ho così scoperto l’esistenza di questo giornalista inglese, Christopher Hitchens appunto, nato nel 1949.
È stata una lettura doppiamente lenta.
Lenta perché io leggo sempre lentamente, trattandosi di libri. Quando leggo ho una matita come segnalibro e sottolineo le frasi che più ritengo preziose, magari con l’illusione di catturarle e trattenerle un poco di più.
Lenta perché, con certi libri, rumino ogni riflessione, do tempo alle frasi di depositarmisi dentro. Insomma, viaggio sulle due-tre pagine al giorno.
È stata una lettura doppiamente pesante.
Pesante perché si è rivelata un saggio sul punto di vista dell’autore su come comportarsi e come esistere.
Pesante perché, quando incontro certe letture, ci lascio giù tutta la matita sulle pagine, raddoppiando il peso del libro, in grafite.
La copertina non l'ho sottolineata, sebbene sia piena di significato: non serve nascere lupo per distinguersi da un gregge. Anche chi nasce nel corpo di una pecora non ha scusanti: è sufficiente rifiutare un ruolo che non si vuole recitare, sempre che in quel corpo da tosare non ci si senta perfettamente a proprio agio.
Ora, come mio solito, alternerò con almeno una lettura di intrattenimento, scorrevole e narrativa.
La sceglierò tra la quarantina di libri nuovi che sempre mi riprometto di non comprare quando entro in una libreria, per poi scoprire che ho l’occhio più grande anche dello stomaco letterario, non soltanto di quello culinario.
Così accumulo romanzi più di quanto riesca a smaltirne: una forma di distorsione capitalistica dopotutto non così grave.
Riporto, come ringraziamento a Christopher, alcune righe dalla sua pagina di congedo.
Guardati dall’irrazionale, per quanto seduttivo. Sta’ all’erta di fronte al "trascendente" e a tutti coloro che ti invitano ad assoggettarti o ad annullarti. Diffida della compassione; preferisci la dignità per te e per gli altri. Non aver paura di essere considerato arrogante o egoista. Immaginati tutti gli esperti come dei mammiferi (con relative funzioni fisiologiche, ndr). Non essere mai spettatore dell’ingiustizia o della stupidità. Cerca la discussione e la disputa per il piacere che ti dànno; la tomba ti offrirà un sacco di tempo per tacere.
A sua volta, Christopher cita un passaggio di Gyorgy Konrad, dissidente ungherese.
Abbi una vita anziché una carriera. Mettiti sotto il riparo del buon gusto[…]. Se non ti piace lo stile degli altri, coltivane uno tuo.
Se dovessi pensarmi contento all'idea di spingere anche una sola persona a leggere questo libro, avrei in mente un giovane, piuttosto che un vecchio.
Non perché i vecchi non valgano, ma al punto in cui si trovano, dovrebbero già essere in possesso di una laurea honoris vita che non abbisogna di certe letture. Al massimo troverebbero piacevoli conferme.
Se invece sono invecchiati per l’ineluttabilità del tempo, ormai possono continuare ad attendere, in attesa di tacere per sempre.
Molto meglio puntare sui giovani: a parità di rischio d'investimento in fiducia, il tempo a disposizione rende molto più vantaggioso l'eventuale rendimento in vita.
K.
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