Mettere Fulvio Collovati a commentare una partita
dell’Europeo su Rai Uno, rivela la stessa bontà manageriale di un Istituto dei
Ciechi che investisse il proprio budget sociale nell’acquisto di Varenne, per
farlo poi montare da un cieco.
Procuratevi il fantino in un’altra scuderia. Oppure premunitevi di imporre un corso di dizione al vostro commentatore, imponetegli di impararsi i cognomi dei giocatori a memoria nei giorni precedenti, dato che ha forti difficoltà a sillabare un nome corretto che sia uno degli atleti in campo. Sarebbe, chessò, una forma di rispetto verso i telespettatori - che sono poi anche i suoi involontari datori di lavoro, costretti a finanziarne lo stipendio, obbligati a pagare il canone Rai.
Sapete com’è, non basta essere stato un cavallo per fare il
fantino, non basta essere stato un calciatore per fare il commentatore.
Ah, già che ci siete, cari dirigenti Rai, provate a ottenere
uno sconto per un pacchetto formativo e ricostituente, perché il calcio fa bene alle ossa, ma il cervello reclama fosforo.
Durante la telecronaca di Polonia-Grecia, Collovati ha trovato il tempo di alzare il volto dal lauto
banchetto apparecchiatogli dall’onomastica polacco-ellenica, per uscirsene in
una considerazione tra l’offensivo e il demenziale.
Riferendosi ai tifosi greci sugli spalti, è riuscito a
mettere insieme un concetto che più o meno suonava così: sono da
ammirare i tifosi della Grecia, a dimostrazione della forza emotivamente positiva e trascinante del calcio.
Nonostante la crisi nella quale versa il loro paese, l’amore per la loro
squadra è commovente e l’hanno seguita fino in Polonia a costo di sacrifici.
Beh, caro Fulvio, fai un esperimento. Vai a vivere in
Lapponia, riduciti a essere in crisi, ovvero a dover stringere la cinghia e a
non averne da mangiare, poi fai il sacrificio di venire in Italia a vedere una
partita a San Siro. Secondo me se stai messo con il frigo vuoto, lasci vuoto il
tuo posto allo stadio. Se invece vieni, significa che fai parte di quei Greci
che, come molti Italiani da noi, non sanno nemmeno cosa significhi la parola
“crisi”. Perché le crisi economiche non riempiono gli stadi, non riempiono i
ristoranti. Lasciano vuote le pance di chi non ha soldi e riempiono la bocca
di considerazioni idiote a chi la crisi non sa cosa sia.
Con buona pace d’amor di patria e di bandiera pedatoria.
Ah, ho avuto una incredibile soffiata da una greca amica mia
che vive in Nord Europa: dice che molti di quelli andati allo stadio erano
lavoratori greci emigrati in Polonia. Banale vero? Ai quali si sono aggregati
alcuni connazionali che, evidentemente, ancora non la soffrono la crisi se hanno
i soldi per poter andare a vedere una partita di calcio in Polonia; non proprio un bisogno primario di sussistenza...
E fanno bene ad andarci, potendoselo permettere, come fanno bene tanti Italiani a
riempire ristoranti ed happy hour.
Ma, per favore, lasciamo la crisi a chi è in crisi.
Limitiamoci a parlare di calcio, scandendo bene i nomi dei giocatori: sarebbe già una grande impresa.
K.
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