Ha iniziato Berlusconi, con un equilibrismo di inconfutabile
illogicità: ha deciso di farsi da parte per non consegnare il paese alla
Sinistra, rifiutando di candidarsi a candidato premier di una coalizione.
Ovviamente il voto di rinuncia e umiltà, il Cavaliere lo
compie sua sponte, per profondo senso
di responsabilità e - ci fossero mai dei dubbi – per il bene del Paese.
Provo a tradurre dal berlusconese all’italiano, senza la
pretesa di farlo per il bene del Paese, ma soltanto a beneficio di chi legge.
Dopo vent’anni Berlusconi è arrivato a rendersi conto pure lui (e se non c’è
arrivato da solo qualcuno glielo ha spiegato) che la sua presenza in politica è
tossica e nociva, non soltanto alle istituzioni e al Paese, ma anche a quel che
resta di credibilità d’immagine del proprio partito.
Quindi si fa da parte per non combinare altri casini. O meglio,
di casini in villa è probabile ne allestisca ancora; diciamo che si pone nell’ombra
per non causare ulteriori danni mediatici.
Se lo fa Berlusconi, che in fatto di conigli e conigliette
dal cilindro è maestro, vale la pena provarci a riciclare la sconfitta e il
rifiuto, trasformandoli in testimonianza d'atto di umiltà e altruismo.
Così sta diventando lo sport dell’autunno: Veltroni dichiara
di non candidarsi al Parlamento, lo stesso atto di costrizione lo fa D’Alema, che
però è sollecito a offrire la propria disponibilità a candidarsi alle prossime
elezioni, ma soltanto se glielo chiederà il partito.
Il messaggio è chiaro, come il proposito. Questi signori hanno
sufficiente intelligenza per capire di non avere abbastanza credibilità per
potersi presentare in abiti preziosi. Non hanno sufficiente forza per tenere la
scena, ma hanno abbastanza faccia tosta per non farsi da parte. Non hanno abbastanza
dignità per eclissarsi, ma hanno ambizione e vanità sufficienti per non
accettare una resa incondizionata davanti alle loro biografie politiche.
Allora eccoli qua, a cospargersi il capo di cenere, a fare
voto di penitenza, ma decidendolo da sé, dettando loro le condizioni. Di fatto,
quello che si cospargono sul capo vuol apparire come cenere, ma è tutt’altro. Non
uno che dica di togliere il disturbo per manifesta inutilità sociale. Non
conoscono la vergogna non conoscendo il pudore. Sanno solo autocelebrarsi anche
quando fingono di commiserarsi.
E in fondo fanno bene poiché, in un paese incivile, chi si
cosparge il capo di cenere rischia di ritrovare subito il consenso del sentimentalismo
nazionale. Funziona perfino se al posto della cenere si usa l’incenso.
“Il paese civile è quello in cui il cittadino non attende
supinamente che il politico corrotto ed incapace si dimetta, ma
quello in cui gli dice, senza possibilità di replica, “Ti
licenzio”.” [Morena Martini]
K.
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